Home arrow Comunicazione Scientifica arrow Raffaella Petti
Raffaella Petti PDF Stampa E-mail

Raffaella PettiLa maestra Anna era davvero brava. Ricordo ancora in modo molto nitido tante delle cose che ci faceva fare: i giochi con i numeri in colore o i blocchi multibase, le partite di filetto, anche le noiose operazioni, come le divisioni a più cifre, diventavano conquiste entusiasmanti.

Ho avuto la fortuna di incontrare grandi maestri, ognuno a suo tempo. La maestra Anna è stata il primo. La fortuna si è ripetuta alle medie. La prof.ssa Clara Barbini sulla prima pagina del quaderno ci fece scrivere: "la matematica è la regina delle scienze, l'aritmetica è la regina della matematica". Anziana, vitalissima e ben tenuta, al solo vederla comunicava un senso di ordine e sicurezza. Ricordo la bellezza dei numeri primi nel Crivello di Eratostene e i colori degli angoli interni di un triangolo che ripiegati mostravano come la somma fosse un angolo piatto: verde, rosso e blu. I miei quaderni, divisi in teoria ed esercizi, sarebbero potuti diventare libri pubblicati. Li ho conservati gelosamente.

La mia matematica per un po' si è fermata alle medie: al liceo, un rigido classico, ho avuto modo di conoscere le raffinatezze della lingua greca, del latino, ho imparato a “leggere un testo”, ma non ho trovato un nuovo maestro in matematica. Se continuavo a curiosare e divagare per conto mio fra le discipline scientifiche, ad esempio l'astronomia - il mio primo amore, - la matematica era ora divenuta un ostacolo, una lingua sconosciuta che non permetteva di vedere chiaro e di comprendere davvero tutto quello che leggevo: Delta, Sigma, per non parlare di simboli più strani, erano incontri sempre più frequenti e fastidiosi.

EllisseAlla fine del liceo avrei potuto e voluto fare di tutto: proseguire gli studi letterari, fare qualcosa di utile per il mondo (medicina?), dedicarmi a una delle scienze (fisica? oppure chimica, o biologia?).
Ho dovuto scegliere. E ho scelto matematica. La motivazione più immediata era: capirla finalmente bene, in modo da non aver più difficoltà quando la incontravo.

Iniziati i corsi, fu subito chiaro - ma in realtà già lo sapevo dai ricordi che avevo conservato - che non si trattata solo di apprendere un nuovo linguaggio. Avevo ritrovato quel meraviglioso mondo di ordine e di verità tanto rassicuranti. Il corso di Analisi I era tenuto dal prof. Giusti. E fu l'incontro con il terzo e, ad oggi, più determinante dei miei maestri in matematica. Limiti, derivate, integrali: non ne avevo mai sentito parlare, ma forse non era stato solo un male. Chi ha studiato sul suo libro penso che possa capire bene cosa significhi apprezzarne l'eleganza e la pulizia. Una grande soddisfazione.

Dopo un inizio intenso, corso dopo corso andando avanti, quando iniziavo a capire come funzionava, tutta quella matematica iniziava a starmi un po' stretta. Che cosa stavo facendo e perché? A che servivano quelle bellissime costruzioni che di tanto in tanto mi apparivano ora vuote? Mi mancava la letteratura, la storia, tutto il resto. E questi saperi, a compartimenti stagni, mi lasciavano un senso di insoddisfazione.

Il prof. Giusti teneva anche un corso di Storia della Matematica. Iniziai a seguirlo. Dapprima mi sembrava che non c'entrasse niente con la matematica, poi crebbe la sensazione che in quel corso in qualche modo le cose si ricucivano: rispolveravo il mio latino, un po' di storia, e piano piano anche iniziavo a dare un po' di spessore, un nuovo spessore, a quello che studiavo. Decisi di laurearmi in Storia. Giusti mi assegnò una tesi su un matematico del Seicento. Fui molto contenta.

Presa la laurea si trattava di nuovo di scegliere una strada, e di nuovo non era facile. Iniziai il Dottorato, continuando a occuparmi un po' di Storia, passando poi a fare un po' di Analisi. Con la sensazione che ancora non avevo trovato la mia strada.

Camera EllitticaL'occasione di unire un po' le cose la devo di nuovo a Giusti e alla sua idea di costituire un Museo per la Matematica che ospitasse la mostra Oltre il Compasso, realizzata anni prima con il compianto prof. Franco Conti, e nuove altre mostre. E così è nato Il Giardino di Archimede – Un Museo per la Matematica, che oggi ha una sede a Firenze. Pian piano, dapprima occasionalmente e poi sempre più regolarmente, ho iniziato a partecipare alle iniziative del Giardino di Archimede, non solo mostre ma anche attività di vario tipo, per far incontrare la matematica al grande pubblico. Seguire l'ideazione di nuove mostre, inventare laboratori in cui "toccare" la matematica, organizzare eventi in cui la matematica diventa l'oggetto di un pomeriggio per grandi e piccini, una matematica divertente, con cui giocare e divertirsi. Ecco il posto per me. La matematica, la sua storia, le sue applicazioni visibili, e soprattutto la voglia di comunicare tutto ciò a tutti.
Ed eccomi qua, oggi lavoro al Giardino di Archimede. E se il mio cammino è stato forse un po' tortuoso, se non altro mi ha dato modo di intravedere tante sfaccettature della matematica. Tutte da conoscere ed apprezzare.