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Carlotta Patrucco PDF Stampa E-mail
Carlotta Patrucco Sognavo di poter insegnare: avevo iniziato a studiare matematica spinta da questa passione. Era il mio modo di pagare il debito di riconoscenza verso il mio insegnante, che negli ultimi tre anni di liceo aveva fatto nascere in me l'amore per questa materia. Volevo riuscire anch'io a contagiare altri del mio stesso male. Purtroppo, una volta conclusi gli studi, mi toccò aprire gli occhi e rinunciare, mio malgrado, ai miei propositi. I tentativi di entrare nella scuola ebbero come unico risultato qualche saltuaria supplenza, e le scarse speranze di poter trovare una sistemazione meno precaria mi indussero presto a cercare un altro tipo di occupazione. A seguito di una ricerca "a tappeto", sicuramente un po' sprovveduta, riuscii a ottenere alcuni colloqui (a cui mi presentavo più agitata di quando andavo agli esami), e da uno di questi arrivò il mio primo lavoro come programmatrice. Entrai a fare parte di una software-house che si occupava di sistemi informativi territoriali, cioè dello sviluppo di programmi per la gestione di database geografici dedicati essenzialmente ad aziende pubbliche e di servizi. I quattro anni che trascorsi a occuparmi di queste tematiche mi diedero modo di apprendere l'uso di molti strumenti tuttora fondamentali per la mia professione. Innanzitutto, i linguaggi di programmazione maggiormente usati erano il C ed il C++, che imparai a conoscere da autodidatta, sul campo, e che ad oggi costituiscono uno dei capisaldi del mio patrimonio culturale informatico. Inoltre, questo tipo disoftware richiede naturalmente una conoscenza approfondita di sistemi dotati di interfaccia grafica e, di conseguenza, di programmazione ad oggetti event-driven. Dal 1995 sono entrata a far parte del gruppo di sviluppo di una software house genovese che produce programmi di gestione aziendale in ambiente Windows. Le mie mansioni riguardano, in generale, lo sviluppo e la manutenzione di componenti (librerie di oggetti e vari strumenti interattivi). Quando sono arrivata si trattava di un'impresa abbastanza piccola, concentrata sul mercato italiano, ma nel corso di questi anni, invece di cercare di arrabattarsi per sopravvivere, ha dimostrato ambizione e voglia di crescere. Oggi opera su mercati internazionali e conta su un vasto organico di personale. Durante questa impegnativa fase di espansione, io ho dovuto, però, fare dei compromessi per conciliare la mia carriera con la vita privata. Avendo deciso di trasferirmi a Sassuolo, in provincia di Modena, pensavo di dover abbandonare la mia occupazione, ma il titolare dell'azienda mi propose, invece, di continuare a lavorare per lui e di provare un altro tipo di collaborazione: il telelavoro. Erano anni di grandi e rapidi progressi nel campo delle telecomunicazioni e, anche se ardita, questa scelta era già tecnicamente possibile. La mia paura più grande era quella di perdere il "contatto fisico" con l'azienda e di trovarmi in difficoltà a cooperare con i miei colleghi. D'altronde, io sono sempre stata una persona molto autonoma e sapevo che sarei stata in grado di autodisciplinarmi e di gestire il lavoro a distanza. Si trattava di assegnarmi prevalentemente dei compiti a sé stanti, riducendo al minimo la necessità di interazione con altre persone. Inoltre, è stato chiaro sin da subito che erano necessari dei miei rientri regolari in modo da poter organizzare e pianificare il lavoro di persona. Così ho accettato la scommessa. Ovviamente, ciò ha comportato dei sacrifici da entrambe le parti: il fatto di non essere fisicamente sempre presente in ufficio è un limite innegabile, che ha sicuramente costituito un ostacolo alla mia carriera, e, dal punto di vista di chi sta in azienda, le difficoltà di comunicazione hanno spesso scoraggiato i colleghi dal chiedermi aiuto su aree di mia competenza, limitando di fatto il pieno sfruttamento della mia esperienza. Da un paio d'anni, però, mi è stato messo a disposizione un sistema di videoconferenza che pone un certo rimedio a quest'ultimo inconveniente. Inoltre posso davvero toccare con mano giorno per giorno, il progresso degli strumenti di telecomunicazione, sempre più veloci e affidabili, che mi permettono di lavorare in questo modo. Sono quindi riuscita, grazie alla tecnologia, e con qualche sacrificio, a conciliare la vita professionale con la vita familiare.
 
(Scritta nel 2007)