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Matteo Carandini PDF Stampa E-mail
Mi sono iscritto a Matematica un po' per sbaglio, volevo fare Informatica ma ho mancato il giorno delle iscrizioni, e quelle per Matematica erano ancora aperte. La matematica mi era sempre piaciuta al Liceo anche grazie a ottimi professori dunque fu una scelta molto naturale. I primi 3 anni li ho passati a Tor Vergata (Università di Roma 2), che all'epoca (1985-88) era nuova di zecca e abbastanza bene organizzata. Le classi erano piccole, una sessantina di studenti, e c'era molto entusiasmo. Studiavo abbastanza ed ero tra i più bravi, ma vedevo anche che quelli più bravi di me erano molto più bravi, non c'era confronto. Dunque tenevo gli occhi aperti per altre possibilità, che andassero oltre la matematica pura, per cui non mi sentivo portato.

Negli anni 80, tra i fisici e i fisici matematici era sorto un interesse nelle reti neurali, grazie a un articolo di Hopfield del 1982 ("Neural networks and physical systems with emergent collective computational abilities") che ottenne subito una grandissima fama. Questo articolo mostrava come la matematica che era stata sviluppata per semplici sistemi fisici si potesse applicare alle reti di neuroni, e come queste potessero codificare delle memorie associative. Mi ero interessato al cervello fin da ragazzino leggendo libri divulgativi sull'argomento, e dunque mi sono trovato naturalmente attratto verso questo genere di matematica.
A Tor Vergata c'era un famosissimo fisico matematico, Giorgio Parisi, e ottenni di parlargli per fare la tesi con lui. Lui però aveva un filtro molto semplice per scoraggiare gli studenti meno bravi. Mi diede un suo libro piuttosto voluminoso ("Spin Glass Theory and Beyond") e mi disse di tornare quando l'avevo letto. Non riuscii a leggere oltre le prime pagine, era veramente troppo complicato. Dunque il filtro aveva funzionato!
Decisi di fare la tesi altrove, e mi trasferii alla Sapienza (Università di Roma 1), dove un altro esperto di reti neurali, Brunello Tirozzi, mi accolse gentilmente nel suo gruppo, includendomi subito nei suoi progetti. Questi includevano sia equazioni che simulazioni al computer, dunque mi sentivo a mio agio dato il mio interesse nell'Informatica.
Alla Sapienza mi sono sentito dapprima un po' come un campagnolo arrivato in città. All'epoca a Matematica c'erano diecimila iscritti! Di quei diecimila comunque se ne vedevano forse un decimo, la maggior parte dovevano essere fuori corso. Ma comunque, mille studenti erano tanti. Mi sono poi sentito più a mio agio, era un ambiente molto intenso, meno simpatico e umano che a Tor Vergata, ma senz'altro stimolante. Con Tirozzi ho scritto il mio primo articolo e la tesi, e il mio interesse per il cervello è cresciuto.
Durante l'ultimo anno (1989-90) ho fatto un viaggio negli Stati Uniti, dove sono andato alla ricerca di posti di dottorato. All'epoca i dottorati non esistevano in Italia, e comunque volendo cambiare campo è sempre ottimo andare in America, dove uno può decidere di fare l'avvocato o il dottore quando ha 50 anni, non deve decidere tutto a 18 anni. Mi hanno ammesso alla New York University nel loro nuovissimo programma in Neuroscienze (la parola stessa era nuova di zecca). Tornato a Roma ho scritto la tesi, ho passato l'ultimo esame con il minimo dei voti, e mi sono laureato con il massimo dei voti. La difesa della tesi fu abbastanza sgradevole, alcuni professori fumavano e leggevano il giornale, ma dimostrarono un vago interesse nelle cose di cui parlavo, che suppongo sia un onore.

Dal 1990 a oggi ho sempre vissuto fuori dall'Italia. Ho preso il Ph.D. a New York nel 1995, e poi sono andato a lavorare in vari posti, Chicago, Zurigo, e ora San Francisco. Ho un laboratorio con vari collaboratori che vengono da tutto il mondo (la lista include il Quebec, il Ticino, l'Australia, il Texas, l'Alsazia, il Veneto, e la Baviera). Registriamo l'attività del cervello in risposta a stimoli visivi, usando sia segnali elettrici che segnali ottici, e analizziamo i risultati usando semplici modelli matematici.

La matematica che usiamo è veramente banale, semplicissima rispetto a quello che mi hanno insegnato come studente, ma è quella che ci serve.
Ho dovuto anche studiare altre cose che non mi hanno insegnato a Matematica, soprattutto come si analizzano i dati, e teoria dei sistemi, cose che sono ovvie per gli ingegneri, ma che non avevo sentito nemmeno nominare quando ero studente. Se potessi tornare indietro, rifarei senz'altro Matematica, ma cercherei anche di seguire dei corsi in Ingegneria o forse in Fisica ma con un approccio sperimentale. I dati sono numeri, e ai matematici i numeri non piacciono!
 
(Scritta nel 2007) 
 
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La figura mostra le risposte di un pezzetto di corteccia cerebrale (pannello di sinistra) a stimoli visivi di varie orientazioni (indicate dai colori) a vari istanti di tempo dopo la comparsa dello stimolo; è stata ottenuta con metodi ottici usando dei coloranti la cui fluorescenza cambia con l'attività elettrica dei neuroni.